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venerdì 6 gennaio 2012

Addio alle armi. E alla vita

Di Hemingway avevo letto soltanto alcuni racconti sulla Guerra di Spagna, belli ma non eccezionali (specie dopo aver letto La breve estate dell'anarchia, di Enzensberger, e Omaggio alla Catalogna di Orwell).
Così, la lettura di Addio alle armi è stata per me un'entusiasmante scoperta (e infatti l'ho terminato in 6 giorni, che per me, lettore lentissimo, è un certo record, a prescindere dalle vacanze e dalla piccola mole del libro).

La vicenda si svolge durante la Prima Guerra Mondiale: il protagonista - alter ego di Hemingway, di cui riproduce alcuni tratti biografici - è un giovane (diciottenne?) americano arruolatosi nell'esercito italiano come ausiliare medico. Il maggiore Henry comanda tre ambulanze, e si trova al fronte durante un'azione in cui viene gravemente ferito a un ginocchio, e successivamente vi si ritrova nel momento della disfatta di Caporetto.
La prima parte del libro mostra un protagonista stranamente a suo agio nel contesto della guerra: si comprende che la sua condizione di straniero non lo ha troppo alienato dal tipico cameratismo maschile dei soldati, ha un caro amico medico con cui divide una stanza a Gorizia, vicino al fronte, a mensa partecipa agli scherzi collettivi ai danni del cappellano militare e si comprende insomma che il suo italiano è buono al punto da permettergli un'immersione completa nell'esercito italiano.
Incontra un'infermiera scozzese, Catherine, che trova bella e matta, e con cui inizia una relazione, interrotta e poi subito rinforzata dal suo ferimento: riesce miracolosamente a farsi assegnare all'ospedale americano di Milano nel quale viene contemporaneamente trasferita anche la bella infermiera insieme a una collega.

[to be continued]